venerdì 29 febbraio 2008

Il Lardo di Cinta Senese


















Non vorrei risultare monotono, ma anche questa volta si parla del maiale. Come ho già detto è un animale che si presta a tantissime preparazioni e penso sia interessante anche vedere come si ricavano le parti più "alternative"di questa cara bestia.

Questa volta tocca al lardo, che se vogliamo è il passo successivo al post di qualche giorno fa relativo allo strutto.

Ma passiamo al dunque: dopo aver diviso in maiale in due metà si ottengono poi tre grandi pezzi o quarti (prosciutto, pancia e spalla) quello che esamineremo oggi è la pancia.

Nelle prime tre foto in alto c'è il pezzo intero, che si divide principalmente in tre parti ovvero il lardo, la pancetta e attaccate ad essa le spuntature. Esternamente troviamo anche la cotica.

Quest'ultima andrà a finire tra gli scarti del grasso (impensabile ormai trovare chi faccia i fagioli con le cotiche..). A volte ci viene richiesta come bardatura per arrosti o simil-porchette.

Mentre le spuntature invece si vendono molto facilmente (sia per sughi che per brace o arrosto), la pancetta e il lardo hanno un utilizzo diverso.

Visto la loro poca richiesta per il consumo fresco, noi li facciamo stagionare per poi essere messi in vendita nel nostro reparto salumi, e vista " l'abbondanza" di lardi di colonnata (come quella di carne chianina) che c'è in giro, noi preferiamo farcelo da soli, ottenendo oltre alla certezza di un prodotto genuino e sicuro un sapore d'altri tempi.

La prima operazione per ottenere il lardo (ma anche la pancetta e guanciale) è farli riposare in una specie di marinatura (composta da varie spezie segrete :p) nel frigorifero per circa 2 settimane, poi essere messe ad asciugare sempre nel frigo per un'altra settimana-dieci giorni, e alla fine c'è un "affinatura" fuori dal frigorifero finchè non raggiungerà la giusta consistenza (più o meno altri dieci giorni a seconda del tempo e dell'umidità).
Quindi finito questo periodo è pronto per essere gustato sul pane caldo, ma anche per bardare arrosti tagliate ecc... oppure per condire la pasta (gricia, carbonara..) insomma il resto della storia la sapete... :))

Sotto le foto del lardo dopo la settimana di marinatura.

martedì 26 febbraio 2008

Risotto Zafferano Taleggio & Speck

Quando ho tempo, ma sopratutto voglia, mi piace cucinarmi qualcosa di sfizioso.

Forse ho già scritto della mia passione per il riso in tutte le sue forme ( da semplicemente bollito ad ingrediente per un dolce..) e con il risotto penso che si raggiunga la sua massima espressione gustativa.

Non ho seguito nessuna ricetta particolare per preparare questo piatto, mi sono affidato ai miei gusti e all'istinto (comunque può darsi che qualcuno abbia già provato l'abbinamento) per cui non so nemmeno indicare le dosi precise, è stato fatto tutto rigorosamente a occhio. Per la cronaca gli ingredienti sono:
- 3 pugni di Riso carnaroli della Sardegna
- Taleggio
- Speck una fetta alta
- Zafferano (non in polvere)
- olio evo
- Vino bianco secco
- acqua calda

La procedura è quella di un classico risotto, quindi in una pentola a fondo alto, ho fatto tostare il riso con un pò d'olio. Ho aggiunto il vino bianco e ho lasciato sfumare, per continuare la cottura ho usato acqua calda (se avessi avuto del brodo anche vegetale sarebbe stato meglio cmq...).
Nel frattempo ho reso "croccante" lo speck passandolo in padella per pochi minuti.
Dopo 15 minuti di cottura del riso, ho aggiunto lo zafferano e lo speck amalgamato bene e fuori dal fuoco ho mantecato con il taleggio tagliato in piccoli pezzi. Aiutandomi con un coppapasta ho impiattato per una bella foto.

E' stato un esperimento riuscito molto bene (e mangiato con gusto, anche se un pò freddo a causa delle foto :p) l'affumicato dello speck si sposava bene con il gusto deciso del taleggio e lo zafferano "addolciva" il tutto.

giovedì 21 febbraio 2008

Lo Strutto

Non è la prima volta che scrivo su questo blog del famoso proverbio che recita: "del maiale non si butta niente..." e questo che segue è l'esempio più evidente, ovvero come utilizzare anche il grasso di questo "inesauribile" animale. Ma andiamo con ordine...
Da quando abbiamo iniziato a lavorare i maiali di Cinta Senese (e ormai sono parecchi anni) ci arrivano le bestie intere comprensive anche delle interiora, testa ecc. Quindi oltre a fare la "coppa" e i fegatelli (con parti meno nobili diciamo..) alla fine con il grasso riusciamo a preparare anche lo strutto, che ormai sembra diventata una cosa abbastanza rara da trovare.
Per poter preparare lo strutto bisogna utilizzare un tipo di grasso specifico e cioè la "Sugna" ovvero quella parte di grasso che ricopre i rognoni e parte del filetto del maiale. (foto a sinistra).
Noi, per comodità, lo abbiamo macinato, poi lo si mette a fuoco lentissimo in una pentola finchè non sarà tutto completamente sciolto.(foto al centro)
Poi avviene la "magia", ovvero filtrando il liquido ottenuto ecco 2 risultati: da una parte lo strutto vero e proprio, e dall'altra i ciccioli (o sfrizzoli). (foto a destra)




Inutile dire i vari impieghi dello strutto, che serve sopratutto a dare morbidezza e friabilità a dolci, pane e pizze. Molti clienti napoletani, sopratutto in questo periodo, ce lo chiedono per fare il "casatiello". Spesso, parecchi anni fa, era utilizzato anche per friggere (mia nonna ci faceva della patatine fritte da urlo) insomma aveva veramante tanti usi che poi, nel periodo di guerra al colesterolo e diete rigidissime, è stato soppiantato dall'olio e (orrore!!!) dalla margarina.
Invece i ciccioli si mangiano così come sono in quanto sono già belli saporiti, e anche qui ho un bel ricordo d'infanzia, ovvero la focaccia con i ciccioli...inutile dire la goduria di questo abbinamento...
Per chi è ancora interessato all'argomento ho trovato due link su Wikipedia abbastanza interessanti:

martedì 19 febbraio 2008

La Torta LemonCocco di Tulip

La ricetta di questo dolce l'ho presa dal blog di Tulip dove passo ogni tanto a cercare sopratutto qualche dolce facile (e buono) come questo.

Inutile dire che lei ha fatto tutto meglio di me, a partire dal formato (ha fatto delle piccole tortine) mentre io mi sono affidato al più rassicurante formato classico. Inoltre al posto della raffinata glassa da mettere sopra ho preferito del semplice zucchero a velo.

A parte tutto, è un dolce veramente facile e buono anche se i sapori sono "estivi" si mangia bene anche adesso.
Passiamo agli ingredienti:
  • 150 g farina
  • 50 g di farina di cocco
  • 200 g zucchero
  • 100 g burro
  • 3 albumi
  • 1/2 bicchiere di latte
  • 1/2 bustina lievito per dolci
  • 1 limone
  • zucchero a velo

Sciogliere il burro, quindi montare gli albumi a neve ferma, aggiungendo poco alla volta lo zucchero, come a voler fare una meringa.
In un'altra ciotola mescolare farina, latte , burro sciolto, la buccia grattuggiata del limone e il suo succo e il lievito. Quindi aggiungere il cocco e mescolare bene.
Solo alla fine aggiungere mescolando con una spatola, piano piano dal basso verso l'alto, gli albumi. Imburrare ed infarinare lo stampo, versarvi il composto e mettere in forno a 180° per circa 40 minuti. (per vedere se è cotta è consigliabile la prova stecchino).

venerdì 15 febbraio 2008

Ristorante Il Pagliaccio

Penso che fare visita a questo ristorante sia una tappa obbligatoria, per chi come me è appassionato o semplicemente si interessa al mondo del F&W. Ovviamente poi, i pareri discordi di chi lo ha già provato sono come benzina sul fuoco, che alimentano quest'alone di "mistero" sulla sua cucina.
Perciò anche questa volta mi sono sacrificato e sono andato di persona a vedere come stanno le cose!
Il locale in sè mi è piaciuto, è classico e minimal ma non risulta pesante come si potrebbe pensare, lo staff è veramente abbondante, premuroso e preciso anche se durante la serata ho avvertito una sensazione di atteggiamenti automatici che alla fine mi ha trasmesso un senso di "freddo" (anche se come ho detto erano sempre presenti e mi hanno chiesto più volte se tutto andava bene o mi era piaciuto il piatto) ripeto che è stata una sensazione personale.
Una volta al tavolo, il menu propone non moltissimi piatti ma tutti interessanti, perciò per "provare" a fondo ho scelto il menù degustazione. E qui viene la parte più "alternativa" in quanto i piatti di quei menu (da 4, 5 o 6 portate) sono a totale discrezione dello Chef, che li sceglierà dalla carta, ma si riserva anche di proporre qualche piatto non in lista (come il Risotto al Foie Gras). Questa scelta all'inizio mi ha spiazzato ma poi riflettendoci (anche in funzione dei piatti del menu) è stata la scelta migliore e una bella esperienza. Dopo questa lunga premessa possiamo passare alla cena che è inziata con:

Il Benvenuto dello Chef: Salmone tiepido su emulsione di crescione (non ricordo il nome del formaggio che c'era sopra, ma sembrava un primosale). Semplice ma efficace, iniziamo bene.

Il Pane, di segale alle noci, tradizionale, carta musica (simile) al rosmarino, grissino e focaccia.

Le cappesante, crema di riso e spinaci : sicuramente il piatto esteticamente più bello. Grande gioco consistenze, sapori e spezie (sono riuscito a riconoscere anche del latte di cocco) ottimo.



Lombo di maialino in crosta di cereali, insalata di champignon e porcini saltati. Sapori più classici, un pò troppo secco il maiale (forse un pezzo leggermente più grasso avrebbe giovato) buona l'idea.


Risotto alle erbe di campo con Foie Gras. Ecco la sorpresa dello Chef , ottima cottura del fegato, pochi e semplici ingredienti per un grande risultato.


I filetti di sogliola al limone confit, zucca gialla croccante e timballo di patate. Il piatto che mi ha convinto di meno, si lascia mangiare ma non rimane il segno.



Il cervo e le castagne, i funghi e la mela cotogna. Questo invece è il piatto migliore della serata, ottima la carne, intraducibile il sapore della riduzione al cacao, indescrivibile l'abbinamento cervo-cacao-mela cotogna.... unica nota stonata, la castagna poco cotta che è risultata troppo dura per essere ben gustata.




Pre-dessert: gelatina (o emulsione) di arance, gelato all'olio e olive marinate. Da mangiare contemporaneamente... tutto il mediterraneo in bocca.




Carpaccio di ananas, timballo di riso al cioocolato, sorbetto di ananas e banana. In questo dolce c'erano tutte le cose che preferisco: riso, cioccolato, frutta gialla... cosa chiedere di più. Grande abbinamento dolce-frutta.


La piccola pasticceria.


Per tutti i menu degustazione, c'erano i vari vini in abbinamento, non volendo esagerare troppo (anche perchè i ricarichi mi sono sembrati eccessivi) ho scelto una bottiglia, ma non sapendo bene cosa avrei mangiato mi sono buttato sulle bollicine, sempre per volare basso ho scelto un Coppo Brut Riserva 2001. Purtroppo servito in calici e non in flute che hanno compromesso sia il perlage che la temperatura di servizio.

Dopo la cena mi sono fatto la mia idea sulla cucina di Anthony Genovese, sicuramente non può incontrare i gusti di tutti. Anzi possiamo dire che è abbastanza particolare e secondo me bisogna essere "preparati" ad una esperienza come questa, altrimenti si rimane invitabilmente delusi. L'unico difetto ( o magari di questi tempi è un pregio visto l'inflazione di cuochi-star) è che Anthony non ama molto essere al centro dell'attenzione, quindi quella sera (ma anche in altre occasioni, come molti mi hanno confermato) non è uscito in sala. Peccato... (comunque a fine serata l'ho intravisto dal giardino interno tramite una finestra che dava sulla cucina).

Ristorante Il Pagliaccio

Via dei Banchi Vecchi 129a

00186 Roma

Tel. 06/68.80.95.95

martedì 12 febbraio 2008

Il Coniglio (... anche disossato e ripieno)

Signore e signori ecco a Voi un bel coniglio della Valdichiana munito anche della sua bella carta d'identità dove ci sono tutti i suoi dati (manca solo il cell).
Non per tornare sempre sul discorso Toscana ma questo si può dire che è proprio un piatto tipico, mia nonna lo preparava alla cacciatora (o in salmì) soprattutto la domenica, ma anche quando lo faceva fritto era qualcosa di veramente spettacolare.
A Roma c'è chi lo odia e chi lo ama, poi ci sono quelli che lo tengono in casa come animale domestico e spero sinceramente che non si imbattano in questo post.
Negli ultimi tempi anche molti pediatri per lo svezzamento (anche a causa di molte intolleranze e allergie) "prescrivono" ai loro piccoli pazienti la carne di coniglio. Ovviamente ad un bimbo piccolo non gli si può dare un coniglio così com'è, perciò nel tempo ci siamo "specializzati" nel disossamento, e adesso che abbiamo preso la mano, lo prepariamo anche di routine, soprattutto per poi farlo ripieno.
(nelle foto sotto le fasi del disossamento...)
Dopo avere tolto con cura tutte le ossa (anche le più minuscole) e lasciando la forma intera del coniglio, si ricava un bel pezzo di carne magro pronto da arrotolare.

In genere lo riempiamo con un macinato di vitello, uova, parmigiano, prosciutto cotto al quale poi si possono aggiungere a seconda della fantasia o del periodo castagne (Natale), pistacchi, olive, uova (Pasqua). -non tutti insieme ovviamente-
Per quanto riguarda la cottura si procede come un normale arrosto condito con tutti gli odori necessari (sale, salvia rosmarino, cipolla a chi piace) e si cuoce al tegame o al forno per circa un ora. Far riposare prima di affettare.

venerdì 8 febbraio 2008

Gli Gnudi


In questa ricetta esce la mia parte di dna toscano (che è quella più bella poichè è la più legata al cibo). E' un piatto che girava per casa fino da quando ero piccolo e mi è sempre piaciuto molto, la sua semplicità è disarmante (quasi come l'uovo di colombo) e la sua bontà unica.

Tutti ovviamente conoscono il ripieno dei ravioli (o anche cannelloni) ricotta & spinaci, ecco si parte da quello e si è già arrivati. Eh si, perchè la tradizione, sopratutto quella contadina toscana, ha creato sempre cose semplici (ma molto gustose) e in questa ricetta ha tolto la pasta che avvolge il ripieno.

Per la ricetta sono andato un po' a occhio, non penso ci sia una ricetta precisa (se non quelle tramandate dalle nonne) comunque ho usato:
  • 500 gr ricotta di pecora
  • 300 gr di spinaci (peso da gia bolliti e sgocciolati)
  • 100 gr di pecorino (parmigiano se si vogliono più delicati)
  • 3 uova
  • noce moscata q.b.
  • sale e pepe
Ho messo tutti gli ingredienti in una ciotola e ho impastato bene (prima di forchetta e poi a mano), quando il risultato è un impasto ben amalgamato gli ho dato una forma sferica (si posso fare anche tipo gnocco a seconda dei gusti) e si passano nella farina.
Per cuocerli si immergono in acqua bollente salata o in un brodo di carne finchè non riemergono in superfice (totale 4-5 minuti).

Si condiscono con burro e salvia (facoltativa un ulteriore spolverata di formaggio sopra).

mercoledì 6 febbraio 2008

A Lezione di Vino da Porthos

Da lunedì scorso ho inziato a frequentare il corso base di conoscenza e degustazione del vino da Porthos.
La scelta è ricaduta su questo corso prima di tutto perchè mi è stato consigliato da vari forumisti più esperti e poi sicuramente perchè è un ottimo compromesso fra un corso piuttosto semplice in una enoteca o quelli da super esperti di associazioni come ais o fisar.

Il "docente" di questi corsi è Sandro Sangiorgi molto conosciuto nell'ambiente e non solo, per vari motivi ma prima di tutto c'è sicuramente la sua grande esperienza e competenza (nonché passione), ma anche il suo modo di porsi e di "insegnare", dopo solo 2 lezioni già sto parecchio "sotto" e ho ancora tanta curiosità e voglia di imparare.
In genere le lezioni sono composte da una prima parte teorica sul vino in generale, ( abbiamo studiato la pianta, la vinificazione, le proprietà chimiche del vino, i tannini ecc) e poi si passa alla degustazione. Si assaggiano 4-5 vini rigorosamente alla cieca (per non essere influenzati in alcun modo), si esamina il colore, l'odore e infine si assaggia; per ogni operazione c'è il tempo per esprimere le nostre sensazioni e tutti insieme cerchiamo di analizzare e "scomporre" il vino. Questo è un esercizio molto utile e divertente e aiuta molto la memoria olfattiva (collegare un odore ad un qualcosa di nostra conoscenza).

Capita anche che Sandro legga qualche poesia inerente al vino (lunedi abbiamo letto "Ode al Vino" di Neruda) oppure si ascolti un brano musicale che possa aiutare la concentrazione (come la Suite nr. 7 di Bach) insomma c'è anche un approccio alternativo che esce dai soliti canoni convenzionali di "degustazione" fine a se stessa, e pone il vino al pari di una forma d'arte (in quanto è grazie all'uomo che esiste).

Spero di diventare un vero esperto sull'argomento cosi anche nel blog potrò darvi qualche consiglio (magari un abbinamento fiorentina-vino) e sicuramente vi farò partecipi delle novità che imparerò su questo "mondo" che mi si sta aprendo.




Da sinistra: il set di calici per la degustazione, la serigrafia del bicchiere, il libro su cui studiare tutta la parte teorica.

lunedì 4 febbraio 2008

La Bistecca di Lombo















Ecco quella che secondo me dopo la Fiorentina è una delle migliori bistecche, ovvero quella di Lombo.
Questa parte di bistecca è situata subito dopo la "Pezza" (e chi mi ha seguito ormai sà che è la natica dell'animale) quindi si trova alla fine della schiena della bestia, subito dopo viene quella che noi chiamiamo di "Costa" o "Costata" che è più grassa e meno compatta, ed infine ci sono le Fiorentine che si trovano proprio al centro della schiena del bovino.
Come si vede dalle foto la bistecca di Lombo si riconosce facilmente, i suoi tratti caratteristici sono le dimensioni ( forma rettangolare, bassa e un pò schiacchiata) e la quasi assenza del grasso dalla sua fibra.
Nonostante tutto è una parte molto morbida e saporita, ovviamente se non la si cucina troppo, in quel caso avremo l'effetto "suola di scarpa". Quindi è consigliata una cottura ai ferri o alla piastra bella arroventata per pochi minuti. Io l'ho mangiata così assoluta, senza pepe, sale, olio assolutamente niente solo carne...e vi assicuro che non ho sentito la mancanza di tutte quelle cose. La bistecca di Lombo è anche chiamata nei paesi del nord ( in Irlanda sopratutto) Syrlon oppure è anche conosciuta come la famosa Entrecote (alla francese), un altro nome italiano che si usa è il Controfiletto. Sicuramente questi nomi vi saranno più familiari ma il pezzo di carne in sostanza è sempre quello :)) .

venerdì 1 febbraio 2008

La Coda alla Vaccinara (...alla Nostra maniera)

...Alla nostra maniera perchè non seguiamo la ricetta vera e propria romana ma abbiamo fatto alcune variazioni: prima di tutto non usiamo la coda di manzo ma preferiamo quella di vitella, questo comporta un sapore più delicato (ma non meno buono) e quindi più "accessibile" a tutti, ma anche il meno impegno in termini di cottura ( si cuoce prima delle 4 ore necessarie al manzo...) e poi, ma questo non è colpa nostra ma della poca reperibilità sul mercato, non aggiungiamo i Gaffi (ovvero le guancie come vengono chiamate a Roma) che nella ricetta originale sono un must.

Detto questo veniamo agli ingredienti e al procedimento anche se viste le quantità ho agito in modo empirico.

La prima operazione che ho fatto è la bollitura della coda in modo che oltre a sgrassarla aiuterà la cottura, poi ho preparato un soffritto con olio cipolla e carote (in abbondanza) quindi ho aggiunto la coda che si è rosolata e infine ho aggiunto una via di mezzo fra un brodo e fondo bruno che usiamo di solito e ho lasciato sfumare per circa una mezz'oretta. A questo punto ho versato il pomodoro e aggiunto pochissima acqua, ho abbassato il fuoco al minimo e ho fatto cuocere per circa 2 ore. Nell'ultima mezz'ora ho aggiunto un kg (più o meno) di sedano tritato grossolanamente e aggiustato di sale e pepe.

Il risultato è stata una coda tenerissima e saporita, ed un sugo denso ottimo per condire un buon piatto di pasta.